Negli ultimi decenni il mercato del lavoro in Italia ha vissuto una serie di trasformazioni che hanno cambiato profondamente le modalità di organizzazione del lavoro stesso. Stiamo assistendo all’esplosione del lavoro part-time, che riguarda ormai il 50% delle assunzioni delle donne, o dell'uso di “micro-contratti” della durata di uno o due giorni, che riguarda circa il 14% delle assunzioni degli under-30. La stessa idea di luogo di lavoro è sempre più sfumata, con transizioni lavorative sempre più frequenti tra occupazioni diverse e con il personnell staffing che va di là della sola somministrazione. Secondo dati INAPP, il 9% dei lavoratori non-somministrati lavora presso un'impresa diversa da quella del proprio datore e il 14% non ha un luogo abituale di lavoro. La costellazione già variegata di collaboratori e partite IVA si è infine arricchita dei cosiddetti Gig Workers, che le stime più recenti dell'INPS quantificano in circa 700.000, sui quali sono ancora minime le informazioni a disposizione su condizioni di lavoro e tipologie contrattuali.
Una delle conseguenze di queste trasformazioni è che le metodologie tradizionali di analisi delle relazioni tra lavoro e salute colgono solo in parte i fenomeni di interesse. Se per gli infortuni accaduti ad un lavoratore dipendente abbiamo statistiche e fonti affidabili, quando un lavoratore non ha la copertura INAIL – magari perché è un free lance, o ha una semplice collaborazione occasionale – se si infortuna lavorando non è visibile sulle statistiche ufficiali.
Nel workshop Infortuni Lavorando, vengono presentate le prime evidenze descrittive su questi fenomeni frutto della ricerca “Open-Stories. Nuove evidenze su lavoro e salute ai tempi della pandemia”, svolta dal Laboratorio Revelli – Centre for Employment Studies grazie a un finanziamento del Fondo per la ricerca in campo economico e sociale (FRES) del Ministero dell’Università e della Ricerca, in collaborazione con l’Università di Torino e con il centro HEI – Health Equity Italy, a partire da una serie di indagini sul campo e di analisi delle biografie di lavoro e di salute in Italia disponibili nella banca dati WHIP, Work and Health Italian Panel.
Negli ultimi decenni il mercato del lavoro in Italia ha vissuto una serie di trasformazioni che hanno cambiato profondamente le modalità di organizzazione del lavoro stesso. Stiamo assistendo all’esplosione del lavoro part-time, che riguarda ormai il 50% delle assunzioni delle donne, o dell'uso di “micro-contratti” della durata di uno o due giorni, che riguarda circa il 14% delle assunzioni degli under-30. La stessa idea di luogo di lavoro è sempre più sfumata, con transizioni lavorative sempre più frequenti tra occupazioni diverse e con il personnell staffing che va di là della sola somministrazione. Secondo dati INAPP, il 9% dei lavoratori non-somministrati lavora presso un'impresa diversa da quella del proprio datore e il 14% non ha un luogo abituale di lavoro. La costellazione già variegata di collaboratori e partite IVA si è infine arricchita dei cosiddetti Gig Workers, che le stime più recenti dell'INPS quantificano in circa 700.000, sui quali sono ancora minime le informazioni a disposizione su condizioni di lavoro e tipologie contrattuali.
Una delle conseguenze di queste trasformazioni è che le metodologie tradizionali di analisi delle relazioni tra lavoro e salute colgono solo in parte i fenomeni di interesse. Se per gli infortuni accaduti ad un lavoratore dipendente abbiamo statistiche e fonti affidabili, quando un lavoratore non ha la copertura INAIL – magari perché è un free lance, o ha una semplice collaborazione occasionale – se si infortuna lavorando non è visibile sulle statistiche ufficiali.
Nel workshop Infortuni Lavorando, vengono presentate le prime evidenze descrittive su questi fenomeni frutto della ricerca “Open-Stories. Nuove evidenze su lavoro e salute ai tempi della pandemia”, svolta dal Laboratorio Revelli – Centre for Employment Studies grazie a un finanziamento del Fondo per la ricerca in campo economico e sociale (FRES) del Ministero dell’Università e della Ricerca, in collaborazione con l’Università di Torino e con il centro HEI – Health Equity Italy, a partire da una serie di indagini sul campo e di analisi delle biografie di lavoro e di salute in Italia disponibili nella banca dati WHIP, Work and Health Italian Panel.